Lo sharpening è l'operazione di post-processing tra le piú importanti e discusse in fotografia. Il suo scopo è di recuperare, per quanto possibile, le caratteristiche di "acutezza" e "definizione" della foto, specialmente per le immagini in formato RAW.
Aggiornamento: ho integrato questo articolo nella serie "Appunti di fotoritocco", perché penso che ora sia questo il suo posto, piuttosto che un articolo a se stante come è sempre stato.
Buona lettura.
Questo articolo nasce da una... c@zz@ta@ madornale che ho commesso i primi mesi della mia vita fotografica. Fin dall'inizio ho speso tantissimo tempo leggendo e studiano la moltitudine di articoli, tutorials e quant'altro sulla fotografia e in tutti i suoi aspetti. Da questa enorme quantitá di informazioni è nato anche il mio articolo L'esposizione.
Da ganzo, ho seguito subito il consiglio di scattare sempre in formato RAW, visti i vari vantaggi in termini di qualità rispetto al formato JPEG (soprattutto per la mia Minolta A1 che produce JPEG non eccezionali). Benissimo, subito ho apprezzato la comodità di ritoccare esposizione e bilanciamento del bianco in pochi secondi. Leggendo quà e là scopro tutta la storia sul filtro anti-aliasing del sensore e della necessità di utilizzare l'unsharp mask (la principale tecnica di sharpening) per recuperare la nitidezza persa. Il problema è che per molti mesi... ho cannato alla grande i tre famosi numerini! In pratica mi erano rimasta in mente la combinazione 50/20/0 che ho usato estensivamente in lungo e in largo, sempre insoddisfatto del risultato... Guardavo le foto di altri, anche con la mia stessa fotocamera, ed erano sempre più... definite. Stavo anche per scrivere nei newsgroups (l'avessi fatto prima...).
Un bel giorno mi leggo dall'inizio uno degli articoli sull'unsharp mask... e scopro che la combinazione 50/20/0 serve a tutt'altro (per aumentare il contrasto locale)! Per ritrovare la nitidezza la combinazione da cui cominciare era nell'intorno di 150/0.5/2! Aaaahh, adesso le mie foto cominciano a vivere...
Mi sono detto: che mai nessuno ricompia i miei errori, urge un articolo sull'unsharp mask! E visto che ci sono,cerco di riportare anche tutte le varie tecniche e le varie varianti che si trovano in giro, soprattutto negli articoli in lingua inglese.
Giusto un accenno, qualche indicazione sui programmi di fotoritocco in relazione a questo articolo.
Tutte le tecniche presentate in questo articolo si possono applicare a praticamente tutti (ammenochè non sia indicato il contrario) i programmi di fotoritocco moderni che dispongano di unsharp mask, livelli e maschere, quindi ok per Photoshop e GIMP, ma ne esistono altri (Paint shop Pro, PhotoImpact, Adobe Photoshop Elements, ...).
Adobe Photoshop (attualmente alla versione CS2) è lo standard industriale, è praticamente il migliore, il più documentato sia come libri che come articoli e tutorials in rete, ma è costoso (mi pare sui 600Euro). Se siete fotoamatori evoluti, Photoshop è un must, inutile spendere migliaia di Euro in attrezzatura e trascurare il software e hardware per il fotoritocco. Se volete risparmiare, date un'occhiata al fratellino Adobe Photoshop Elements (versione attuale 4.0): ottimo ed economico, ha varie funzionalità del fratellone compreso il plug-in Adobe Camera RAW per l'importazione dei files RAW.
Se lavorate con Linux, oppure se siete affascinati dalla filosofia del software libero, oppure non volete spendere un centesimo in software allora GIMP (versione attuale 2.2.8) è per voi. C'è una grande comunità attorno a questo programma di fotoritocco, quindi esistono molte informazioni e siti su questo programma. Sinceramente non è potente e veloce come Photoshop, ma è gratis! Per un fotoamatore che non ha problemi di tempo e di voglia ma ha problemi di soldi, una scelta da consigliare.
Livelli, maschere e metodi di fusione (rispettivamente layers, masks, blending in inglese) sono concetti un po' avanzati, e non intendo descriverne qui l'utilizzo; l'utilizzatore smaliziato già le conosce, a chi è alle prime armi consiglio di acquistare un libro serio sull'argomento. O di cercare qualche link in Rete :-))) Vedi il paragrafo Links utili alla fine di questo articolo.
Per prima cosa è necessario mettersi daccordo su alcuni termini chiave, in modo da evitare confusione.
Nitidezza (sharpness): è la valutazione soggettiva della proprietà di un immagine di presentare dei contorni netti. Attenzione: stiamo parlando di un'immagine prodotta da un sistema, quindi la nitidezza finale deriva dalle caratteristiche di tutti i componenti (obbiettivo, sensore, algoritmi vari, dispositivo di stampa o monitor).
Acutanza (acutance): è la valutazione oggettiva (quindi una misura, ottenibile con la strumentazione adatta) della nitidezza di un'immagine. Non è detto che la misura di acutanza di un'immagine porti agli stessi risultati della nostra percezione di nitidezza dell'immagine stessa.
Dettaglio (detail): è la valutazione soggettiva della capacità della fotocamera (o della stampante o dello scanner) di distinguere due particolari vicini.
Risoluzione (resolution): è la valutazione oggettiva del dettaglio, quindi della capacità della fotocamera (o della stampante o dello scanner) di distinguere due punti vicini, espressa in punti/pixel per unità di lunghezza. Se le ottiche sono decenti, la risoluzione di una fotocamera coinciderebbe con la risoluzione del sensore, quindi i famosi Megapixels. Se le ottiche fossero una m@#§@, la risoluzione finale potrebbe essere inferiore a quella del sensore!
Contrasto (contrast): è la differenza di luminosità delle zone chiare e scure di due settori vicini (contrasto locale) o dell'intera immagine (contrasto totale). Se parliamo del contrasto totale, possiamo valutarlo mediante l'istogramma, osservando se "copre" efficacemente la gamma tonale dalle ombre alle luci.
Gamma dinamica (dynamic range): è il rapporto tra la luce più debole e la luce più forte gestibili dal sensore della fotocamera (o dalla pellicola, nel caso di fotocamera analogica). E' una caratteristica del sensore e dell'elettronica di elaborazione del segnale. In fotografia, l'unità di misura è lo stop, che corrisponde al raddoppio (+1 stop) o al dimezzamento (-1 stop) della luce. L'occho umano riesce a catturare circa 12 stop, una fotocamera digitale 5-6 stop. Se osserviamo l'istogramma di un'immagine, se l'esposizione è stata corretta mac'è stato un clipping (nelle ombre e/o nelle luci) vuol dire che la gamma dinamica del soggetto era maggiore di quella gestibile dalla fotocamera.
Lo sharpening è l'elaborazione digitale dell'immagine tesa a recuperare/aumentare la nitidezza di un'immagine. |
In realtà ci sono due tipi di nitidezza: una dovuta alle caratteristiche del sistema (qualità dell'ottica, qualità del sensore, qualità dell'elettronica di elaborazione del segnale, ...) e una... "percepita". Come vedremo più avanti in questo articolo, noi ci occuperemo più della seconda: mediante l'unsharp mask (maschera di contrasto) generiamo dei micro-aloni chiari e scuri lungo i bordi in modo da "ingannare" il nostro cervello e fargli credere di guardare un'immagine più nitida.
Immagina originale, poco contrastata e poco nitida |
Immagine con nitidezza aumentata mediante unsharp mask (notare che non è cambiato il contrasto totale, perchè non è cambiata praticamente nessuna caratteristica tonale globale e quindi non cambia neanche l'istogramma) |
Immagine con nitidezza aumentata mediante sharpening e con contrasto aumentato mediante livelli (il contrasto aumenta, l'istogramma si adagia comodamente lungo tutta la gamma dinamica) |
Se sapete l'inglese, l'articolo da leggere è "Understanding Sharpness". Ottimo anche il glossario di Photorevolt.
Questo paragrafo potrebbe essere di difficile comprensione perchè ci sono dei concetti... avanzati. Secondo me vale la pena di leggerlo bene per capire da dove derivi la principale causa di "non-nitidezza" delle foto digitali, se avete fretta saltatelo pure e andate al prossimo.
La problematica del recupero della nitidezza delle foto digitali ha a che fare con uno dei fondamenti della teoria dell'informazione (ebbene si, ho fatto le squole alte :-))): il teorema del campionamento. Ooooohhhh.... Lo scopo fondamentale della nostra fotocamera digitale è "convertire" una parte di mondo visibile in una serie di bytes. La nostra realtà non ha byte, è "continua", ha infiniti valori. Una rosa rossa nella realtà non ha pixels, e non ha gradazioni discrete e finite di rosso. Ha un numero infinito di gradazioni, e una definizione infinita. La realtà visibile è la più bella foto che esiste, perchè se ne frega di pixels e canali RGB. Il file nella scheda di memoria della nostra fotocamera invece è fatto di numeri. Un'immagine digitale è caratterizzata da una risoluzione e da una profondità di colore. Se ci riflettete bene, abbiamo trasformato la realtà "continua e perfetta" in numeri attraverso la digitalizzazione, la quale comporta due conversioni: il campionamento spaziale (bidimensionale, a cui corrisponderà la risoluzione della foto, ad esempio 2560x1920 pixels per una foto da 5 megapixels) e la quantizzazione cromatica (a cui corrisponderà la profondità di colore di ognuno dei canali RGB, valori tipici sono 8bit, 12bit o 16bit). Il campionamento spaziale perchè il fotogramma è diventato un'immagine digitale di X pixels per Y pixels, e una discretizzazione perchè tutte le infinite tonalità della realtà visibile sono diventati numeri a 8 bit (quindi con valori da 0 a 255) per i tre canali rosso (R), verde (G) e blu (B). Il campionamento di cui parliamo in questo capitolo è proprio il concetto della cattura della luce di ognuno dei singoli elementi del sensore del CDD o CMOS, che essendo in numero finito e disposti in una griglia, generano una griglia di pixels con una risoluzione finita. Tralasciamo la quantizzazione cromatica (cioè la conversione dei colori reali nei tre numeri RGB, relativi ai tre canali RGB), perchè per questo argomento non ci interessa. Ci interessa invece il campionamento.
Il teorema del campionamento dice che se la "frequenza" massima del segnale da campionare è minore di metà della frequenza di campionamento (Fc), allora miracolosamente in un secondo tempo posso ricreare il segnale originale (ritornando dal mondo discreto al mondo continuo) in modo perfetto. |
Nel nostro caso, se la realtà continua (in pratica, l'immagine luminosa che arriva al sensore attraverso l'ottica) ha una "frequenza spaziale" minore della distanza tra un elemento sensibile e il successivo nel sensore, allora l'immagine campionata è teoricamente perfettamente equivalente alla realtà originale. Questo cosa vuol dire? In pratica che potremmo aumentare la risoluzione dell'immagine digitale a dismisura senza nessun problema di artefatti non presenti in realtà. Fichissimo!!!
Il teorema del campionamento ci dice anche che se canniamo con il requisito di metà Fc, non solo non riusciamo a recuperare le frequenze che erano sopra il limite di metà frequenza di campionamento, ma che addirittura compaiono nell'immagine campionata creando artefatti! |
Il fenomeno dell'aliasing di cui tanto si sente parlare è proprio il presentarsi di questi disturbi nell'immagine, dovuti al campionamento. Un disturbo tipo è ad esempio l'effetto moirè.
Facciamo un esempio di un'immagine che soddisfi al teorema di campionamento:
Se fotografiamo una superficie completamente grigia, senza nessun dettaglio o gradazione, bingo! Abbiamo trovato l'immagine del teorema del campionamento: non c'è addirittura nessuna frequenza, è tutto piatto. E' abbastanza intuitivo capire che l'immagine campionata è... tutta grigia, e che possiamo ridimensionarla a piacere senza perdere dettaglio (i dettagli non ci sono...). Altro esempio: uno sfondo bianco con alcuni quadrati neri.
Anche qui, non bisogna essere dei gran geni per capire che un'immagine digitale così si può ridimensionare a piacere senza perdere in informazione. Il lettore si chiederà: ma le immagini "simpatiche" che soddisfano al teorema del campionamento sono sempre così... stupide come le due precedenti? In pratica, si.
Come ci dimostra la nostra esperienza quotidiana, l'immagine luminosa che si posa delicata sul sensore di una fotocamera digitale ha ben poco a che vedere con i due esempi di cui sopra. Anche se fotografiamo un muro bianco, si vedono sempre le imperfezioni, le gradazioni di colore, sfumature, dettagli minuti. Figurarsi se fotografiamo un bosco o il carnevale di Venezia! Quindi, tutte le foto che facciamo violano clamorosamente il teorema del campionamento.
Da quanto detto sopra se vogliamo fotografare una qualsiasi scena reale, otterremmo delle immagini digitali rovinate dalla presenza degli artefatti dell'aliasing. Per evitare questo si deve fare una scelta dolorosa e apparentemente suicida: limito la nitidezza dell'immagine in ingresso al sensore, in modo che l'immagine digitale sia effettivamente corretta, anche se molto soft. Da qui, la presenza in tutte le fotocamere digitali del famoso filtro anti-aliasing (AA), che in pratica non è che un vetro con un trattamento particolare, simile al vetro smerigliato. L'effetto di questo filtro è quello di limitare la nitidezza (cioè tagliare le frequenze spaziali al di sopra della risoluzione del sensore), ma in misura tale da permettermi comunque di ottenere, dopo le dovute elaborazioni, un'immagine per quanto possibile definita. Elimino a priori tutti i dettagli troppo minuti per essere catturati dalla griglia degli elementi del sensore. Mediante lo sharpening infatti si cerca a posteriori di recuperare parte della nitidezza persa durante il processo di campionamento.
Un ottimo articolo sul teorema del campionamento è "Sampling, Aliasing, and the Blur Filter" di Douglas A. Kerr.
La presenza del filtro anti-aliasing di cui abbiamo parlato nel precedente paragrafo è il primo perchè dell'operazione di sharpening: attraverso questa elaborazione dell'immagine, si vuole recuperare per quanto possibile la nitidezza persa in origine. Ovviamente non si possono creare dettagli che non esistono, ma i risultati sono inaspettatamente buoni e ce ne rendiamo conto ogni volta che guardiamo una foto digitale.
Ebbene, questa tematica riguarda molto da vicino le immagini in formato RAW. Tali immagini sono infatti una sorta di "negativo digitale" vergine, in quanto riportano tali e quali le informazioni provenienti dal sensore digitale della fotocamera, senza nessuna elaborazione. Al contrario, quando la fotocamera salva le immagini in formato JPEG o TIFF, tali dati subiscono varie processamenti da parte del microcontrollore a bordo della fotocamera stessa tra cui anche lo sharpening. Quindi per loro natura i file RAW devono essere processati obbligatoriamente anche nei confronti della nitidezza.
Per questo particolare aspetto, il formato RAW ha lo svantaggio di richiedere un processamento obbligatorio su PC con un software di fotoritocco (meglio, un RAW converter), ma ha il vantaggio di permettere il raggiungimento della massima qualità della foto perchè il mio PC con gli ultimissimi programmi di fotoritocco darà sempre risultati migliori del firmware striminzito che gira a bordo del limitatissimo microcontrollore della fotocamera. Senza contare che su PC posso applicare uno sharpening foto per foto, provando e ottimizzando i parametri quante volte voglio. Lo sharpening di un bosco autunnale con moltissimi dettagli minuti è diverso dallo sharpening di un cielo blu, con dolci e limitate gradazioni (si veda il paragrafo I concetti fondamentali).
In pratica, sfrutto la fotocamera per quello che sa fare meglio: catturare la luce. Ci penso io poi a sfruttare al massimo i bytes...
E' vero che io fotoamatore ho tempo da perdere e mi ci diverto anche a giocare con il fotoritocco. Il professionista che deve vendere la foto per il giornale del giorno dopo magari scatta in JPEG. Ognuno sceglie quello che preferisce. Da notare comunque che le fotocamere digitali serie producono, con i parametri standard, immagini JPEG non troppo saturate e non troppo nitide, in modo da permettere una eventuale fase di post-processing più agevole. E' molto difficile mettere le mani su una foto già processata pesantemente dalla fotocamera (tipica delle punta-e-scatta, che devono ammaliare con i loro colori i fotografi della domenica), molto meglio partire da una foto neutra.
Questa scelta di non elaborare pesantemente le immagini lascia un po' interdetti tanti appassionati che passano dalla punta-e-scatta alla fotocamera reflex digitale. Quante volte nei newsgroups (it.arti.fotografia.digitale oppure nei forums di DPReview) si legge: "Avevo una compattina XXX, e adesso che mi sono svenato per la reflex YYY, mi trovo che tutte le immagini sono un smorte, addirittura sembrano un po' sfocate! Cosa sbaglio?". La risposta unanime del popolo smaliziato è: "Se vuoi foto JPEG da utilizzare senza nessun fotoritocco cambia i parametri delle fotocamera aumentando il contrasto e la saturazione, se vuoi utilizzare un programma di fotoritocco il primo passo è lo sharpening.".
Bruce Fraser, nel suo articolo "Out of Gamut: Thoughts on a Sharpening Workflow", riporta altri due motivi per applicare lo sharpening ad una foto, oltre a quello esposto nei paragrafi precedenti a proposito del filtro anti-aliasing.
Il primo è un motivo "artistico": si può aumentare la nitidezza di alcune zone dell'immagine (o diminuirla in altre) anche per lo scopo di evidenziare un soggetto, o rafforzare il passaggio di un'idea o una sensazione. L'esempio classico è il viso di una fotomodella: importantissimi sogno gli occhi e il sorriso, per cui questi possono balzare agli occhi se hanno una nitidezza maggiore della pelle del viso, che invece vorremmo soft e senza difetti.
Il secondo motivo ha a che fare con la tecnologia della stampa. Soprattutto per le stampanti a getto di inchiostro ma anche per altre tecnologie, la foto è composta da una distribuzione di minutissimi punti colorati, che guardati da una distanza accettabile ingannano l'occhio e diventano un'immagine nel suo insieme. Questo processo porta intrinsecamente ad una perdita di dettaglio e di nitidezza, per compensare la quale è necessario applicare uno sharpening mirato. Generalizzando, una passata di sharpening è necessaria per "adattare" la foto al suo utilizzo finale, che sia stampa o web.
Durante tutte le mie letture su quest'argomento ho capito che ci sono varie tecniche relative allo sharpening. Mi sembra giusto, prima di vedere quali esse siano e come si applichino, chiarire gli aspetti principali.
Perchè applichiamo lo sharpening? Al di là di quanto detto in precedenza, perchè le foto nitide sono belle. I fotografi spendono un sacco di soldi per obbiettivi affilati come rasoi, e disprezzano le ottiche "morbide". Ci sono però situazioni dove vogliamo volontariamente delle foto "poco nitide", ad esempio in una foto di un soggetto nella nebbia o in un tramonto potrebbe essere meglio non applicare affatto lo sharpening, e lasciare la morbidezza originale.
Lo sharpening non corregge una sfocatura. Una foto sfuocata può essere leggermente migliorata, ma lo sharpening non può inventarsi informazioni sui dettagli che sono andati persi. Quindi, pensiamo a scattare bene a fuoco.
Lo sharpening non và d'accordo con le immagini molto compresse. Per sua natura lo sharpening ricerca e evidenzia tutti i dettagli più minuti, quindi anche gli artefatti della compressione JPEG, e in questi casi fa' più danni che miglioramenti. Quindi, o utilizziamo un file poco compresso o meglio ancora scattiamo in TIFF o in formato RAW. Meglio RAW.
Lo sharpening dipende dalla dimensione dell'immagine. Come vedremo in seguito, i valori dei parametri dell'unsharp mask per un'immagine web con dimensioni 800x600 pixels non possono essere gli stessi di un'immagine 3000x2000.
Allo stesso modo, lo sharpening dipende dalla dimensione della stampa e da quanto distante intendiamo guardarla. Da notare che lo sharpening di una foto destinata alla stampa può essere "troppo pesante" se giudicato sul monitor del PC, poiché in questo caso compensiamo preventivamente la perdita finale di nitidezza dovuta alla tecnologia di stampa.
Lo sharpening passa attraverso vari tentativi. Qualsiasi sia la tecnica utilizzata, purtroppo per ottenere lo sharpening ottimo occorre provare, osservare i risultati ingrandendo l'immagine nelle zone critiche, riprovare, tornare indietro. Non voglio spaventarvi, con un po' di esperienza ci si avvicina subito al risultato desiderato, sennò fate come me che per il 99% delle foto butto là i soliti valori di unsharp mask, per il rimanente 1% di foto particolarmente interessanti spendo ore a spaccare il capello (ammetto che avevo scritto 95% e 5%, poi ho fatto un po' di conti e ho visto che anche il 99% e 1% è ottimistico...).
Lo sharpening può avere effetti negativi sull'immagine. Mentre aumenta la nitidezza nelle zone in cui ci siano molti "spigoli" (punti in cui c'è un cambiamento importante di colore e/o luminosità), nelle zone con caratteristiche uniformi lo sharpening tende a creare artefatti e ad aumentare il rumore, specialmente nelle foto scattate ad alta sensibilità ISO. Ad esempio la pelle di una modella o il cielo blu intenso (il canale blu (B) tendenzialmente è il più rumoroso dei tre). Nel caso del viso umano, potrebbe anche evidenziare tutti i piccoli difetti (rughe, piccole cicatrici, macchie...). Molte volte bisogna fare un compromesso tra la necessità di nitidezza in certe zone dell'immagine, con il problema di limitare il peggioramento in altre zone. Per questo molte tecniche si basano su una selezione preliminare delle zone in cui applicare lo sharpening.
Per quanto detto sopra, la tecnica di sharpening dipende dall'immagine. Questo ovviamente per ottenere i migliori risultati, poi uno può tranquillamente scegliere sempre di utilizzare l'unsharp mask per tute le sue foto, senza nessun problema. Però il massimo si ottiene osservando le caratteristiche dell'immagine e scegliendo la tecnica migliore per il risultato che abbiamo in mente. Perchè, non dimentichiamocelo, siamo dei fotografi non solo quando abbiamo la fotocamera in mano, ma anche quando siamo davanti al PC durante il fotoritocco e anche quando stampiamo. Quindi, tutto ha senso se abbiamo in testa un risultato, un significato da dare alla nostra foto, una sensazione da comunicare, un qualcosa che emerge anche attraverso il contributo dello sharpening.
Beh, direi che è ora di cominciare sul serio.
L'unsharp mask (abbreviato in seguito USM, maschera di contrasto in italiano) è la tecnica più utilizzata nello sharpening, ed è la base di praticamente tutte le altre. Si dice derivi concettualmente da una tecnica equivalente utilizzata nella fotografia a pellicola per gli stessi scopi, però non ho trovato molte informazioni a proposito. Tanto, la pellicola è morta (eh eh eh, l'ho detto apposta per infiammare gli animi di qualcuno, sono convinto anch'io che non sia così :-))))).
Il succo di tutto è il seguente: questo filtro ricerca nell'immagine gli "spigoli" (edges in inglese), cioè i punti in cui c'è un cambiamento significativo di luminosità; lungo tutti questi bordi, diminuisce la luminosità dalla parte più scura, e aumenta la luminosità della parte più chiara, una sorta di aumento locale del contrasto lungo tali bordi. In questo modo l'occhio viene ingannato dall'apparente aumento della nitidezza. Tale processo di "crescita" di bordini chiari e scuri degrada leggermente l'immagine, ma come scrivono Dale Cotton e Brian D. Buck su The Luminous Landscape nell'articolo "Understanding the Digital Unsharp Mask", si prova con la teoria "due cose sbagliare ne fanno una giusta": provando a sacrificare parte dei dettagli della foto per vedere se quelli che rimangono ci danno la sensazione di una foto più nitida.
Prima |
Dopo USM |
Come si nota subito nell'esempio qui sopra, si crea un alone (halo in inglese) lungo il bordo tra parte scura e parte chiara. Questo alone è il nemico numero uno dell'unsharp mask, perchè una sua presenza vistosa degrada visibilmente l'immagine. Ma è anche il nostro miglior amico: il gioco dell'unsharp mask è quello di trovare le caratteristiche di tali aloni in modo che producano un gradevole aumento della "nitidezza percepita" ma non tali da non essere sgradevoli.
Il nemico numero due è l'aumentare del rumore nelle zone con colori uniformi.
Prima |
Dopo USM pesante |
Nell'esempio sopra (volutamente esagerato) oltre all'aumento del rumore si vedono altri due effetti indesiderati: l'esaltazione degli artefatti della compressione JPEG dell'immagine originale, e la modifica della tonalità dell'immagine, addirittura arrivando al clipping verso il bianco o verso il nero. Qualche volta l'aumento della saturazione dell'immagine può essere positivo e ben venuto, se tenuto sotto controllo.
La ricerca dell'unsharp mask migliore (cioè dei tre parametri che lo definiscono, vedi sotto) è un compromesso tra l'esigenza di aumentare la nitidezza, e la comparsa di effetti indesiderati quali aloni, l'aumento del rumore e degli artefatti, cambio di tonalità. |
Vediamo la finestra di impostazione dell'unsharp mask, che è praticamente uguale per tutti i programmi di fotoritocco.
Unsharp mask con GIMP |
Unsharp mask con Photoshop |
Nell'anteprima, viene riportata una zona dell'immagine, selezionabile a piacere, in cui possiamo valutare l'effetto dei parametri USM correnti. Photoshop è più potente: permette di cambiare lo zoom, cliccando sull'immagine completa è possibile indicare quale zona riportare nell'anteprima, l'effetto dell'unsharp mask viene riportato anche sull'intera immagine, tenendo premuto il pulsante del mouse sull'anteprima viene temporaneamente mostrata l'immagine prima dell'intervento, anche con la finestra di unsharp mask aperta è possibile ridimensionare l'immagine completa. GIMP è più lento, l'effetto dell'unsharp mask si vede solo sull'anteprima, di cui non è possibile cambiare lo zoom.
Sotto l'anteprima si trovano i famosi tre cursori, corrispondenti ai tre parametri dell'USM: il raggio (radius), la tolleranza (thresold) e percentuale (amount). Con questi tre parametri è possibile impostare l'effetto di nitidezza desiderato, e valori anche poco distanti dei parametri possono dare risultati completamente diversi. Il significato intimo di questi tre parametri è un po' ostico, ma è importante cercare di capirlo, sennò andiamo alla cieca. Non vi preoccupate, con un po' di esperienza e partendo dai valori giusti si arriva subito al risultato desiderato.
Partiamo dal più semplice, la percentuale (amount). Con valori da 0% al 500%, si definisce la quantità di unsharp mask da applicare. A seconda degli altri due parametri, può succedere che oltre il 100% l'immagine peggiora drasticamente, in altri che il 500% non basti e che sia necessario fare due passate. Il valore 0% indica nessun effetto. Dall'esempio qui sotto notiamo che, a parità di raggio e tolleranza, un valore minore della percentuale porta ad un effetto più graduale.
Percentuale 65% |
USM con percentuale 500% |
Il raggio (radius) indica all'algoritmo fino a che distanza deve far sentire gli effetti dell'USM, e quindi in pratica definisce la larghezza degli aloni. Il valore numerico ha unità di misura i pixels, però non è collegabile facilmente all'effetto reale sull'immagine. I valori normalmente utilizzati vanno da 0,2 a 1; valori superiori di solito portano ad artefatti evidenti.
Raggio 20 pixels |
Raggio 40 pixels |
La tolleranza (thresold) indica all'algoritmo quanta differenza in termini di luminosità ci deve essere tra un pixel e gli adiacenti perchè questo possa essere considerato appartenente ad un bordo, e quindi possa essere affetto dall'unsharp mask. Un valore elevato quindi diminuisce l'effetto finale, perchè il criterio è più restrittivo e vengono trovati meno bordi. Per visualizzare l'effetto della tolleranza bisogna ricorrere ad un esempio un po' più complesso.
Originale |
Tolleranza 144 |
Tolleranza 83 |
Guardiamo la barra centrale: con una tolleranza elevata (144), i bordi della barra non vengono considerati bordi e quindi non vengono toccati dallo sharpening; questo perchè la differenza di luminosità di quel grigio e il bianco non è abbastanza elevata rispetto alla tolleranza. Se abbassiamo la tolleranza a 83, allora i bordi della barra centrale vengono considerati tali, e quindi modificati dallo sharpening. La barra chiara a sinistra non viene mai toccata perchè è molto vicina come luminosità al bianco; la barra di destra viene sempre toccata perchè ha un grigio scuro molto distante dal bianco. Da tutto questo deduciamo che l'effetto massimo si ha con tolleranza 0, poi via via decrescendo man mano che aumentiamo il valore. I valori utilizzati vanno da 0 a 10, oltre l'effetto globale dello sharpening diminuisce drasticamente.
Per chi sa l'inglese, l'articolo "Better USM" analizza dettagliatamente gli effetti dell'unsharp mask su un'immagine campione creata ad arte, un po' come ho appena fatto io. Interessanti le conclusioni sul raggio: il valore 0.1 corrisponde a nessun effetto, valori da 0.2 a 0.5 limitano l'effetto dell'unsharp mask a livello dei due pixels di un bordo, valori superiori coinvolgono anche gli altri pixels attorno.
Bene, ora che abbiamo capito gli effetti di ogni parametro, possiamo cominciare a provare 'sto benedetto unsharp mask!
Quali sono i vantaggi e gli svantaggi dell'USM "versione base" applicato a tutta l'immagine?
Vantaggi
E' una tecnica semplice e veloce perchè c'è una sola operazione da eseguire, e potrebbe anche essere l'unico passaggio nel ritocco di un'immagine in un workflow minimalista. E' possibile poi automatizzarla ed applicarla in modo batch ad una serie di immagini.
Se ben utilizzata, conoscendo le sue limitazioni, produce buoni risultati con poco sforzo.
Svantaggi
Lo sharpening con l'USM è distruttivo e irreversibile. Non esiste un'operazione opposta che permetta di ritornare all'immagine originale, dopo che questa ha subito lo sharpening. Tranne l'undo (annulla, in italiano) :-))) Questo perchè, come è già stato detto, si sacrifica una parte di dettaglio per permettere al rimanente di spiccare e di rendere l'immagine piacevolmente nitida.
Il suo utilizzo pesante porta ad artefatti fastidiosi: aloni lungo i bordi, aumento del rumore nelle aree con tonalità uniforme.
L'applicazione dell'USM può cambiare leggermente la saturazione dell'immagine, il che potrebbe essere un effetto collaterale spiacevole.
Non è facile dirigere l'USM solo dove serve, quindi non fa' del suo meglio dove serve (nei bordi) e non è delicata dove non serve (aree uniformi): ogni immagine è un compromesso tra due esigenze opposte.
Lo sharpening, poiché aumenta il contrasto lungo i bordi, può portare al clipping verso il bianco e/o verso il nero.
Visto che questa tecnica viene pilotata dal nostro occhio di attenti fotografi e fotoritoccatori, dobbiamo pensare a cosa guardare e a come guardare.
Cosa guardare: con un po' di esperienza si dovrebbe cominciare a capire quali siano le parti critiche di un'immagine dal punto di vista dello sharpening. Visto quanto detto fin qui, dobbiamo fare attenzione a:
Come guardare: fondamentale è l'anteprima, con uno zoom al 100%. Uno zoom inferiore non dà la possibilità di osservare gli effetti pixel per pixel nelle zone critiche, uno zoom superiore potrebbe distogliere l'attenzione dall'effetto globale dello sharpening. Con Photoshop si ha il massimo: si può osservare l'effetto dello sharpening direttamente sull'immagine, che è ridimensionabile a piacere; cliccando sull'immagine stessa si può scegliere la zona di anteprima.
Altra questione importante: quando eseguire lo sharpening? Lo sharpening va eseguito come ultimo passo, sull'immagine con le dimensioni di stampa (o di output per il web) corrette.
Ci sono varie possibilità su come procedere. Io faccio così: si parte da una terna di valori (scelta in base al tipo di immagine, con l'esperienza), da li parto aggiustando verso il risultato finale. Faccio molta attenzione al raggio, che lascio sempre tra 0,4 e 0,7, poi aggiusto la tolleranza per tenere sotto controllo il rumore e infine imposto la percentuale, a seconda della nitidezza che desidero.
Tim Grey nel suo "Understanding Unsharp Mask " consiglia di partire da percentuale al 500% e tolleranza a 0, per impostare in primis il raggio a seconda della quantità di dettaglio presente nell'immagine. Quindi sintonizza tolleranza e percentuale come sopra. A voi la scelta.
Da che valori partire? La mia terna di riferimento per le immagini 800x600 (per il mio sito web) è percentuale=150% raggio=0,5 tolleranza=1 (in gergo 150/0.5/1). Se l'immagine è rumorosa o contiene ampie regioni con tonalità costante (es: il classico cielo), aumento la tolleranza fino da 2-6. Se l'immagine è piena di dettagli minuti, scendo con la tolleranza a 0. Per quanto riguarda il raggio, di solito lascio tra 0,4 e 0,6. La percentuale può variare a seconda di raggio e tolleranza: se ho impostato ad esempio una tolleranza pari a 5 perchè ho una foto rumore preoccupante in certe zone, la percentuale può scendere anche sotto al 75%; se è una foto piena di dettagli che voglio far risaltare, posso arrivare anche al massimo del 500%. Purtroppo non ho molta esperienza per lo sharpening prima della stampa su stampanti inkjet, ho provato poche volte. Quello che ho visto, ed è quello che trovo scritto dappertutto, è che bisogna "osare", cioè andar giù di brutto anche se l'immagine a video sembra troppo sharpenizzata. Questo perchè il target finale è la stampa, che per natura toglie nitidezza. Bisogna fare un po' di prove.
Tim Grey nel suo articolo riporta questi valori.
Per le immagini con molti dettagli: consiglia un raggio da 0.4 a 1.0, quindi relativamente piccolo, in modo che gli aloni siano di dimensioni limitare rispetto ai dettagli dell'immagine. Per la tolleranza, utilizza frequentemente il valore 0, in modo da elaborare tutti i dettagli. Per la percentuale, consiglia valori da 200% a 300% per compensare i valori bassi di raggio.
Originale |
USM 200/0.4/0 |
Per le immagini con pochi dettagli: poiché i bordi tra zone scure e chiare coinvolgono molti pixels perchè non sono brusche ma graduali, viene consigliato un raggio da 2 a 3. Con un raggio così elevato gli aloni sono molto pronunciati, quindi abbassa la percentuale a valori tra il 75% al 125%. Per conservare un'immagine morbida, aumenta la tolleranza a valori tra 8 e 12; in questo modo, ad esempio in un ritratto, nella pelle non vengono evidenziate le imperfezioni tipo rughe, pieghe, pori, nei.
Originale |
USM 125/2.6/8 |
Per le immagini intermedie? Si parte da percentuali tra 125% e 175%, raggio tra 1.0 e 1.5, tolleranza tra 4 e 8.
Nell'articolo "Better USM" viene indicato un utile modo di procedere:
Un'altro articolo molto interessante è "Digital Image Sharpening" di Ken Bennett. Questi i valori consigliati: per immagini web percentuale da 200% fino a 500% per grandi immagini,, tolleranza a 0 e raggio molto basso, da 0.1 a 0.3; per la stampa su inkjet si consiglia di partire da percentuale 200%, raggio 1 e tolleranza 6. In bella evidenza nell'articolo le tre regole d'oro:
Microsoft, con il suo articolo "Understanding Sharpening", riporta valori a seconda della finalità dello sharpening:
In "Sharpening 101" su bythom.com vengono riportati vari suggerimenti:
Lavorate con immagini mooolto grandi? Nell'articolo "Unsharp Mask" su A different view si consiglia questo:
Nell'articolo "Instant Photoshop" su The Luminous Landscape, Michael Reichmann indica il primo trucco "da navigati" per migliorare l'efficacia dell'USM: applicare l'unsharp mask sul canale L (Luminosity) lavorando nello spazio LAB. Oooohhhh...
Lo spazio colore CIELAB (anche indicato come L*a*b*, però chiamato comunemente LAB) è un piccolo grande gioiello. E' stato creato dalla commissione CIE nel 1976 per "modellare" le capacità visive dell'occhio umano medio nei confronti dei colori, e viene correntemente utilizzato come spazio di riferimento dai motori di color management poichè le sue coordinate sono assolute. E' uno spazio caratterizzato da un gamut molto ampio, tanto che racchiude quasi completamente i gamut di quasi tutti gli altri spazi e profili esistenti. E' così ampio che contiene... anche colori immaginari, impossibili, irreali! Lo spazio LAB è che è descritto da tre canali: "L", "a", "b" (come nel modo RGB c'erano i tre canali R, G e B). La bellezza di LAB è che "L" è il canale che contiene tutte le informazioni di luminosità (valori da 0 a 100), mentre "a" e "b" contengono le informazioni sul colore. Fico, per tutte le operazioni che vogliamo abbiano effetto sulla luminosità, possiamo selezionare il solo canale "L" e lavorare su questo!.
ATTENZIONE! E' assolutamente obbligatorio passare in modo 16bit quando si lavora in LAB! |
Quindi prima di convertire in LAB mode è necessario scegliere "Image" - "Mode" - "16 Bits/Channel". Questo perchè lo spazio LAB è così grande, che se utilizzassimo 8 bit (256 valori per ogni canale) nelle normali foto con gamut ridotto, correremo il serio riscio di utilizzare solo pochi valori dei possibili e quindi di avere problemi di posterizzazione, cioè la comparsa di bande di colore omogenneo nelle zone con delicate gradazioni. Per tornare indietro nel consueto RGB mode, prima si sceglie "Image" - "Mode" - "RGB mode" e poi (eventualmente) si passa a 8bit scegliendo "Image" - "Mode" - "8 Bits/Channel". Purtroppo in queste conversioni si devono perdere gli eventuali adjustment layers creati, quindi prima bisogna fare un merge di tutto. Peccato!
I vantaggi di questa tecnica sono due: applicando l'USM solo al canale L non aumentiamo la componente cromatica del rumore, di solito la più fastidiosa (il rumore sul canale luminosità è meno fastidioso oltre che meno presente), secondo evitiamo la lieve modifica della tonalità dell'immagine causata dall'USM stesso. Si veda anche l'articolo "Sharpening 101" su bythom.com.
Come già detto sopra, nello spazio LAB ogni colore è indicato con un valore L di luminosità e da due valori corrispondenti all'informazione di colore, i canali "a" e "b". Disinteressandoci di questi ultimi, applichiamo l'USM solo al canale L. In Photoshop, andare su Image/Mode/Lab Color, poi Window/Show Channels; nella finestra Channels evidenziare il canale Lightness e applicare lo sharpening mediante Filter/Sharpen/Unsharp Mask. In GIMP, andare su Image/Mode/Decompose.. e nella successiva finestra scegliere LAB, lasciando spuntato Decompose to leyers; nella finestra Layers scegliere il layer L e applicare lo sharpening mediante Filter/Enhance/Unsharp Mask; per ricomporre l'immagine in RGB, scegliere Image/Mode/Compose e scegliere LAB.
Nell'esempio qui sotto, vediamo un pezzettino di cielo dopo l'unsharp mask normale su RGB (si vede bene la componente cromatica del rumore prodotto dallo sharpening) e quello su canale L in modo LAB (giustamente solo rumore su luminosità, cioè monocromatico).
Originale |
USM 300/0.5/0 su RGB |
USM 300/0.5/0 su canale L (LAB) |
Bruce Fraser ci mette in guardia: il passaggio dallo spazio colore originale RGB allo spazio colore LAB e ritorno non è completamente indolore ma comporta un certo "dithering", cioè una degradazione (più o meno accentuata, a seconda del nostro metro) visibile soprattutto nelle aree in cui ci sono passaggi di tonalità molto lievi, dovuti ai passaggi matematici di conversione da uno spazio all'altro (meglio, agli effetti collaterali, tipo arrotondamenti). Tale problematica è attutita se si lavora a 16 bit in Photoshop (in GIMP purtroppo si lavora solo a 8 bit per canale).
Una scorciatoia veloce veloce per applicare l'USM solo alla componente "luminosità" dell'immagine è quella di applicare lo sharpening sull'immagine e poi scegliere "Fade Unsharp Mask..." dal menù "Edit", impostando il blending mode "Luminosity".
Fade Unsharp Mask... |
Ovvio che questa tecnica non porta vantaggi se... stiamo lavorando su un'immagine in bianco e nero, visto esiste solo la "luminosità" e non c'è nessuna informazione di colore ne tantomeno nessun rumore cromatico!
Un ottimo consiglio, come indicato su "Unsharp Mask" su A different view, è creare un nuovo layer in cui ricopiare l'immagine stessa e impostare un blending mode a "Luminosity", quindi applicare l'USM su questo layer. Pulito e semplice.
Un altro trucco ovvio per chi gioca con Photoshop è quello di applicare l'USM su un livello (layer in inglese) duplicato del background (o della fsione di tutti i layers precedenti), magari esagerando un pochino, e poi centellinare per bene l'effetto agendo sullo slider Opacity (che regola l'opacità del livello), riducendola a meno del 100%. Inoltre, sulla falsariga di quanto detto sopra, si può immediatamente impostare il blend mode a "Luminosity". Utilizzare i livelli è sempre cosa buona e giusta: i vantaggi sono quelli di poter cambiare in qualsiasi momento l'opacità e quindi l'intervento del layer USM, addirittura rimuovendolo completamente se non ci piace. Inoltre, non è mai carino ritoccare direttamente il layer "Background", ma sempre duplicarlo: in un secondo tempo sarà facile confrontare la versione ritoccata con l'originale, solo abilitando o disabilitando i layers superiori.
Layer USM: blending Luminosity e ritocco a Opacity |
Gli svantaggi di questo approccio sono la maggiore occupazione di memoria e il fatto che purtroppo prima di applicare l'USM dobbiamo fondere eventuali altri adjustment layers sottostanti (livelli, curve, ...).
E visto che ci siamo, visto che uno dei problemi dell'USM è che tratta allo stesso modo aree con differenti caratteristiche, perchè non applicarlo in modo differenziato? Basta utilizzare le maschere (mask in inglese), dipingendo virtualmente lo sharpening solo dove serve. In tal caso ci sono due approcci: si può applicare solo sui bordi (vedi il paragrafo La tecnica EdgeSharpen di Fred Miranda), oppure si può lasciare all'utente la possibilità di "dipingere" (colorando di nero o bianco alcune porzioni della maschera) le zone in cui applicare o non applicare lo sharpening.
Come facciamo a vedere dove differiscono immagine originale e immagine dopo lo sharpening? Supponiamo che abbiamo due layers: uno corrispondente all'immagine originale e uno all'immagine dopo lo sharpening. Impostiamo il blending mode di quest'ultima a Difference": molto probabilmente, se lo sharpening non è stato drastico, ci troviamo davanti ad un'immagine apparentemente completamente nera. Creiamo un nuovo layer e con la combinazione Shift+Ctrl+Alt+E fondiamo tutti i layer sottostanti, quindi invertiamo con Ctrl+I, ed ecco apparire timidamente tutti i bordi vittima dello sharpening!
Originale dopo lo sharpening |
Bordi con sharpening |
Come per la tecnica precedente in LAB, anche questa non porta nessun vantaggio per le foto in bianco e nero.
L'egregio Dr. Paul Lantos nel suo articolo "How To Avoid Oversharpening Your Images" ci regala un'altro simpatico consiglio: dopo aver applicato l'USM ad un layer separato, duplicare il layer risultante in modo da avere due layer finali uguali sharpenizzati. Orbene, ad uno dei due applichiamo il blend mode "lighten", all'altro il blend mode "darken". In questo modo si ha la possibilità di controllare l'effetto dei bordi chiari e dei bordi scuri in modo separato, controllabile mediante l'opacity di ognuno dei due layers! Intelligente!
L'autore poi indica un workflow operativo:
dopo aver ottenuto i due layer uguali sharpenizzati, uno "USM-lighten" e uno "USM-darken", si disabiliti temporaneamente il "USM-lighten".
Ci si metta allo zoom 100% e si ricerchi nella foto tutti i bordi "scuri" dovuti all'USM troppo fastidiosi, e si diminuisca l'opacity del layer "darken" fino a diminuire tale fastidiosità a livelli accettabili.
Si riattivi il layer "USM-lighten" e si esegua la stessa analisi, questa volta per i bordi chiari.
L'autore afferma che i bordi chiari sono i più fastidiosi, quindi l'opacity che normalmente utilizza per il layer "USM-lighten" è dal 30% al 50%, mentre per il layer "USM-darken" applica dal 70% al 100%. Il mio consiglio è che visto che poi agiremo sull'opacity dey due layer, di aumentare la percentuale di USM un pò oltre la norma.
Bruce Fraser è uno dei mostri sacri del fotoritocco di Photoshop, ed era inevitabile che i suoi pronunciamenti sullo sharpening diventassero il verbo per tutti noi comuni mortali :-))) Egli scrisse due articoli fondamentali: "Out of Gamut: A Two-Pass Approach to Sharpening in Photoshop" e "Out of Gamut: Thoughts on a Sharpening Workflow". Il secondo è un'evoluzione del primo.
Nel primo articolo "Out of Gamut: A Two-Pass Approach to Sharpening in Photoshop" Bruce demolisce il dogma fino a quei tempi intoccabile dell'applicazione dell'USM solo come ultimo passo della fase di fotoritocco, indicando in due fasi tale applicazione: una prima per compensare la perdita di nitidezza dovuta al processo di campionamento dell'immagine e al filtro anti-aliasing, e una seconda per compensare la perdita di nitidezza dovuta al processo di stampa. Il resto dell'articolo descrive come applicare l'USM mediante una "edge-mask" (vedi il paragrafo La tecnica EdgeSharpen di Fred Miranda) per la prima passata, mentre per la seconda basta l'USM tradizionale.
Non contento, nel secondo articolo "Out of Gamut: Thoughts on a Sharpening Workflow" introduce la fase intermedia di "sharpening creativo", cioè una fase in cui vengono sottolineati alcuni elementi importanti dell'immagine, mediante USM su un nuovo layer e relativa mask.
Sono concetti che troveremo sparsi in tutte le tecniche descritte in quest'articolo, e visto il credito che si da' a quest'autore, ho il dubbio che le abbia introdotte per primo... Mitico Bruce!
Sul sito di Fred Miranda troviamo l'articolo "The Ultimate sharpening technique", nella quale si trova l'applicazione della tecnica "edge-mask" (che l'abbia copiata da Bruce Fraser? O viceversa? Boh). L'ho provata e mi sembra pulita ed efficace. L'idea dell'edge sharpening è questa: applichiamo l'USM solo sui bordi, cioè dove occorre, e non lo applichiamo nelle zone a tonalità omogenea. Questo si può fare applicando lo sharpening su un livello con una copia dell'immagine, al quale associamo una mask in cui sono presenti solo i bordi e non le aree uniformi. Questo concetto richiama il significato del parametro "tolleranza" nell'unsharp mask (che infatti nell'utilizzo con le masks perde di significato), però con le masks possiamo vedere con i nostri occhi dove e quanto applichiamo l'USM, e quindi correggere a piacere.
Duplichiamo l'immagine in un nuovo layer (chiamiamolo "EdgeSharpen"), quindi la selezioniamo completamene e la incolliamo su un nuovo canale (chiamiamolo "Alpha1"), nella quale compare a toni di grigio. Utilizziamo il filtro "Find edges", che porta in nero i bordi e in bianco le aree poco contrastate. Qui c'è il nocciolo della tecnica: abbiamo ottenuto un canale in cui le parti in bianco corrisponderanno alle parti dell'immagine originale che non verranno toccate dallo sharpening, mentre le parti in tonalità di grigio fino al nero saranno quelle in cui lo sharpening si farà sentire (quindi il contrario di come lavora una mask, ed infatti qui sotto dovremo invertire). Guardando questo canale abbiamo subito l'idea precisa di dove lo sharpening farà sentire i suoi effetti!
Originale |
"Find edges" sul nuovo canale |
Da qui possiamo aumentare o diminuire lo sharpening utilizzando i livelli (levels in inglese), per schiarire o scurire il canale (quindi rispettivamente diminuire o aumentare lo sharpening).
Applicazione livelli sul canale |
Passaggio finale di sharpening vero e proprio: torniamo ora sul layer "EdgeSharpen" e creiamo una nuova selezione basata sul canale "Alpha1", però con l'opzione "Invert" abilitata. Infatti, nella mask dove c'è bianco c'è l'applicazione massima dell'USM, dove c'è nero non viene effettuato nessun cambiamento, quindi dobbiamo invertire il canale "Alpha1" che attualmente ha nero negli edge e bianco nelle zone uniformi.
Dal canale alla selezione, attenzione ad impostare "Inverted" |
...quindi su questa selezione applichiamo l'USM desiderato. Fred Miranda consiglia due passaggi, uno con 500/0.2/0 e uno con 280/0.8/0. Inoltre, nell'articolo si indica di cambiare il blending mode a "Luminosity" e di cambiare altre impostazioni di blending avanzate (vedi articolo originale).
Originale |
Risultato finale |
Questa tecnica è proprio carina! Prima di tutto è molto attraente vedere sul canale le zone dove viene applicato lo sharpening e in che quantità. Secondo, nulla vieta di elaborare il canale mediante livelli, curve oppure con i pennelli direttamente per dosare lo sharpening solo dove vogliamo.
Originale |
"Find edges" sul nuovo canale |
Canale dopo levels e ritocco su sfondo |
Risultato finale |
Se vi interessa questa tecnica, leggete anche l'ultima parte del già citato "Sharpening 101" su bythom.com.
Il buon Bruce Fraser nell'articolo "Out of Gamut: A Two-Pass Approach to Sharpening in Photoshop" aggiunge un ulteriore passaggio alla sequenza di Fred Miranda: sul canale monocromatico con i bordi viene applicato una sfocatura (blur in inglese mediante il filtro gaussiano, in modo da addolcire il passaggio tra bordi sharpenizzatie aree uniformi non processate. Nel prossimo paragrafo Smart sharpening ci sarà proprio questo nuovo passaggio!
Un articolo simile nei contenuti alla tecnica del paragrafo precedente è "Smart Sharpening with the GIMP", in cui l'USM applicato solo sul canale L attraverso una maschera "edge mask" che evidenzia solo i bordi dell'immagine (quindi trascura le aree a tonalità omogenea). Quindi, si comincia decomponendo l'immagine in modo LAB, selezionando il canale L e disabilitando A e B. Poi, su una copia dell'immagine, si applica il filtro Edge Detection, il risultato viene opportunamente elaborato e attraverso il passaggio per un canale si crea la selezione su cui finalmente applicare l'unsharp mask. In GIMP la selezione dei bordi avviene attraverso una finestra molto potente:
Finestra "Edge Detection" |
L'autore dell'articolo consiglia un valore "Amount" pari a 6. Questa maschera di selezione dei bordi viene elaborata mediante i livelli (per aumentare o diminuire il numero di bordi rilevati e la quantità di sharpening da applicare), quindi viene applicata una passata di Gaussian Blur (per addolcire il passaggio tra i bordi sharpenizzatie e le aree in cui non viene applicato lo sharpening) con raggio da 3 a 10 pixels e alla fine un'altra ritoccatina ai livelli (per fare i fighetti).
Applicazione della sfocatura alla edge-mask |
Interessante è il test della conversione RGB-LAB-RGB su un'immagine campione costituita da una gradazione di grigio dal bianco al nero: si notano gli effetti di dithering a cui si accennava sopra.
Ho perso un po' di tempo ad eseguire tutti i passaggi di questa tecnica, leggetevi attentamente l'articolo originale e il derivato Shortcuts", che contiene altri spunti e varianti sul tema.
Esiste anche un articolo fratello, "Smart Sharpening, Redux", con alcuni miglioramenti: non c'è la conversione RGB-LAB-RGB, alcuni passaggi sono stati semplificati, viene creato un layer con relativa maschera solo per lo sharpening. Meglio partire da questo!
Se volete applicare tutto questo in Photoshop, leggetevi l'articolo "A smart sharpening tutorial". Qualcosa di simile anche nell'articolo "Selective Sharpening using an image mask" da DigitalDog.
In un altro articolo di Michael Reichmann (sempre lui) The Luminous Landscape, "High Pass Sharpening", viene riportata una tecnica diversa dall'USM per recuperare la nitidezza di un'immagine: l'utilizzo del filtro passa-alto (high-pass in inglese). Si tratta di creare un nuovo layer, duplicando l'immagine di sfondo, in cui applicare il filtro high-pass con un raggio nell'intorno di 10: verrà fuori uno schifo, non fateci caso.
Originale |
High pass con raggio 10 |
Passo finale e decisivo, si imposta la modalità di Blending del nuovo layer a Hard Light: con lo slider Opacity si regola l'effetto finale, magari aiutandosi con l'immagine con zoom al 100% per vedere bene (consiglio valido sempre).
Risultato finale con Hard Light e opacity al 40% |
Risultato finale con Soft Light e opacity al 100% |
Due sono i vantaggi di questa tecnica: minore esaltazione del rumore, e possibilità di regolare l'intervento (anche in un secondo momento) mediante l'opacità dal layer. Non l'ho utilizzato molto, ma giocando con il raggio del filtro High-pass (nelle immagini web 800x600 ho provato valori tra 0.5 e 2.0, mi sembra che con valori più alti si vedano degli aloni troppo evidenti, soprattutto con blending Hard Light) si ottengono buoni risultati.
Sulla stessa linea Bruce Fraser nell'articolo "Out of Gamut: (Almost) Everything You Wanted to Know about Sharpening in Photoshop but Were Afraid to Ask" quando si riferisce alle tecniche "layer-based sharpening" (cioè sharpening ottenuto mediante l'utilizzo dei layers). L'autore ricorda i due problemi dell'USM: è distruttivo (il suo intervento cambia radicalmente l'immagine) ed è globale (coinvolge sia le zone ricche di dettagli sia le zone con tonalità uniformi, che non avrebbero bisogno di sharpening). Con l'utilizzo di layers e masks invece si risolve tutto. Dopo la duplicazione dell'immagine di sfondo, si consiglia Soft Light per ottenere uno sharpening moderato e Hard Light per uno più accentuato, il resto è come sopra (filtraggio high-pass).
Un'altra interpretazione viene da Doug Nelson nell'articolo "High Pass Sharpening" dal sito RetouchPro: interessante è l'utilizzo del blendig Overlay e dei layers duplicati con relative maschere per applicare lo sharpening in modo differenziato in varie aree dell'immagine (questo è un concetto generale, utilizzabile con qualsiasi tecnica).
Il passo successivo in questa tecnica ci viene suggerito dall'articolo "High-Pass & Gaussian – Choosing the radius" sempre da RetouchPro: visto che due parametri (raggio del filtro High-pass e opacity del layer) sono troooppo pochi, perchè non creare una decina di layers, ognuno con un valore di raggio diverso (qualcosa del tipo 0.5, 1, 5, 10, 50 e così via) e poi trovare la combinazione agendo sulle relative sliders Opacity? Forse 10 layers sono troppi, però con 3 si potrebbe cominciare a giocare. Da provare i vari metodi di blending, come Linear light, Soft Light, Overlay.
Dopo un po' di ricerche ho scoperto che l'"High-pass sharpening" è una tecnica sorella della famosa maschera di contrasto (contrast mask in inglese), derivata da un passato analogico. Lo scopo di questa tecnica non è lo sharpening ma il ritocco dei toni dell'immagine, in particolare la diminuzione del contrasto globale ed il recupero di aree troppo chiare o troppo scure. Articolo chiave è "Contrast Masking", interessante è anche "contrast masking", se utilizzate GIMP allora date un'occhiata a "Creating a Contrast Mask" su GIMPguru.
"The Light's Right Studio" è il sito (in inglese, obviously) di Glen Mitchell nel quale possiamo trovare i famosi toolkits dedicati allo sharpening: "TLR Sharpening Toolkit" e "TLR Professional Sharpening Toolkit". Assolutamente da non perdere i tutorial "TLR Professional Sharpening Toolkit" e "Put A Fine Edge On Your Sharpening Skills" (purtroppo in inglese), hanno un'eccellente parte introduttiva a tutte le tematiche dello sharpening. Questi toolkits sono gratis, a meno di una donazione all'autore se li trovate utili.
TLR Professional Sharpening Toolkit è composto da tre scripts per Photoshop CS e CS2 in sintonia con i tre passaggi alla Bruce Fraser (vedi paragrafo Parola di Bruce Fraser):
TLR Capture Sharpening serve per ritrovare la nitidezza persa a causa dell'acquisizione (campionamento) dell'immagine e al filtro anti-aliasing;
TLR Creative Sharpening serve per applicare uno sharpening creativo, ad esempio agli occhi in un ritratto oppure ai pertali di un fiore;
TLR Output Sharpening serve per compensare la perdita di nitidezza dovuta la processo di stampa.
Li ho provati, mi sembrano molto potenti ed efficaci, in pratica riassumono tutti i concetti di quest'articolo e tante altre furbizie. Non penso li utilizzerò perchè sono sovradimensionati per i miei bisogni. Ci sono varie cose molto carine: ad esempio, mi piace la possibilità di creare, assieme alla "edge-mask", la corrispondente "surface-mask" che in pratica evidenzia non i bordi ma le aree uniformi; mentre la edge-mask viene utilizzata per lo sharpening, la surface-mask può essere utilizzata per la riduzione del rumore o addirittura per diminuire la nitidezza (blurring). Mi piace moltissimo che tutte le operazioni producano dei layers e non tocchino l'immagine originale; in realtà tutto si svolge su "set" (insiemi) composti da vari layers ognuno con la sua opacità. Nello script TLR Capture Sharpening, quello che testato più a fondo, vengono creati tre layers corrispondono ai bordi chiari, ai bordi scuri e allo sharpening delle aree uniformi.
Ognuno di questi layers possono contribuire al risultato finale in modo più o meno pronunciato cambiando l'opacità del layer; inoltre, è possibile modificare le maschere a piacimento, utilizzando curve e livelli.
TLR Sharpening Toolkit è invece una "cassetta degli attrezzi" di strumenti per lo sharpening delle immagini, composto da un set di actions. I contenuti sono praticamente gli stessi del toolkit precedente, ma sono organizzati in actions distinte, più maneggevoli per l'utilizzatore esperto. Le azioni sono divise logicamente nelle categorie Capture Sharpening, Creative Sharpening, Output Sharpening, Surface Sharpening e Masks: le prime tre sono corrispondenti all'approccio dei tre passaggi già visto sopra, Surface Sharpening permette di aumentare la nitidezza delle sole aree uniformi e Masks crea solamente le varie maschere, sotto forma di nuovi canali.
Le tecniche utilizzate sono le solite due: USM e high-pass sharpening. Tutte le azioni creano nuovi layers, con i conseguenti soliti vantaggi. Sottolineo due finezze: la prima l'applicazione dello sharpening separata in bordi chiari, bordi scuri e aree uniformi, per il massimo della personalizzazione; la seconda la rilevazione dei bordi in base a tre criteri: luminosità, colore e combinato ("enhanced").
Esistono varie soluzioni software "commerciali" per aiutare il fotografo nell'operazione di sharpening. Si tratta solitamente di "plug-in", cioè di moduli da utilizzare all'interno di un programma di fotoritocco, tipo l'onnipresente Adobe Photoshop (ma i plug-ins possono essere compatibili anche con altri programmi). Lo scopo di questi plug-ins è quello di permettere il raggiungimento del risultato migliore in poco tempo e con facilità, lasciando la possibilità all'utente smanettone di poter comunque intervenire a suo gradimento.Senza la presunzione di essere esaustivo, riporto alcune osservazioni su quelli che ho potuto utilizzare scaricando le relative demo.
PhotoKit SHARPENER (qui il sito): scritto con la collaborazione di due mostri come Martin Evening e Bruce Fraser (questo l'ho già sentito...), si tratta di un modulo software dall'interfaccia molto semplice e scarna, senza nessuna preview, che raccoglie varie impostazioni predefinite sotto tre categorie di sharpening: Capture Sharpening, Creative Sharpening e Output Sharpening. Cose già viste, se avete letto il resto dell'articolo. Ogni intervento si concretizza nella creazione di nuovi layers, permettendo quindi di vedere l'effetto prima-dopo (abilitandoli e disabilitandoli), di calibrare lo shapening agendo sulla slide Opacity di ogni layer e di applicare più tipi di sharpening contemporaneamente (ognuno creerà i propri layers). Molto interessante la guida all'utilizzo (in formato PDF), contiene molti dei concetti base dello sharpening, vale la lettura.
Photo Wiz FocalBlade (qui il sito): un'interfaccia utente molto potente, ridimensionabile e cona preview fichissima con la possibilità di vedere l'intervento dello sharpening solo su metà immagine, oppure di vedere la stessa "fetta" di immagine con intensità di sharpening crescenti. E' possibile anche selezionare un'area della foto ed eseguire la preview solo su questa (velocizza di molto). Consiglio di cominciare nella modalità semplice "Novice mode", nella quale vengono visualizzate solo tre semplici combobox: una per lo sharpening dei bordi (Auto sharpen), una per lo sharpening delle superfici (Auto Surface) e una per la gestione dei dettagli (Auto Details). In "Expert Mode" vengono visualizzati molti altri controlli, per impostare lo sharpening con molta precisione.Ci sono altre modalità intermedie per assolvere a compiti ben precisi; ad esempio scegliendo "Selective Sharpen" è possibile eseguire velocemente uno sharpening diverso tra bordi e superfici, o scegliendo "Glow" è possibile applicare il classico filtro "soft" da foto matrimoniali. Dal manuale allegato ho letto che questo plug-in può essere utilizzato con decine di programmi, tra i quali ovviamente Photoshop ma anche GIMP.
nik Sharpener Pro (qui il sito): con un'interfaccia scarna ma semplicissima, questo plug-in è dedicato soprattutto a chi vuole sharpenizzare per stampare su stampanti a getto d'inchiostro (inkjet). Nel manuale si legge che la preview (piccola e non ridimensionabile) è stata volutamente trascurata, perchè lo sharpen da applicare per una stampa inkjet non può essere valutato su monitor. Quando viene selezionato l'utput su inkjet, nella finestra compaiono le varie slides per indicare al plug-in le caratteristiche della stampa finale: dimensioni, risoluzione di stampa, qualità indicativa della stampante e addirittura la distanza alla quale verrà osservata la foto stampata. L'ultimo parametro è l'intensità di sharpening, che viene impostata scegliendo tre profili con nomi di persona (Zap il più aggressivo, Anna la più censervatrice e John l'intermedio). E' possibile poi indicare la provenienza della foto (digital camera, scanner, ...) oppure lasciare che il plug-in analizzi l'immagine per individuare la qualità di partenza (autoscan). La versione che ho provato non supporta i files a 16bit.
Conclusioni personali: la spesa per un plug-in secondo me è giustificata solo da chi vuole dedicare poco tempo allo sharpening, ad esempio un fotografo matrimonialista che deve applicare le stesse impostazioni di sharpening per la stampa su centinaia di foto. Non ne sono sicuro, ma probabilmente gli stessi risultati si possono ottenere in Photoshop attraverso però molti più passaggi e molta più fatica. Con i plug-ins è tutto più comodo: dopo un primo periodo obbligatorio di apprendistato nel quale si familiarizza con interfaccia e risultati, l'applicazione dello sharpening potrebbe diventare semplice come scegliere un preset già salvato e premere "Ok".
In rete ci sono una marea di pagine a proposito dello sharpening e dell'unsharp mask, purtroppo quasi tutti in inglese.
Prima di tutto, i newsgroups: sono una fonte inesauribile di informazioni, esperienze, consigli. Indispensabili. it.arti.fotografia.digitale e Photo4u.it in italiano oppure i forums di DPReview in inglese.
In italiano, "Maschera di contrasto selettiva" dal sito "senzapellicola.it".
"Understanding Unsharp Mask" (in inglese) di Tim Grey, su Naturescapes.net è molto interessante perchè, oltre alla parte introduttiva sull'unsharp mask, riporta anche vari esempi di immagini (alto dettaglio, basso dettaglio, ...) con i parametri utilizzati.
Sulla tecnica dell'unsharp mask, fondamentale l'articolo di Ken Bennett , "Digital Image Sharpening". Da leggere anche "Sharpening 101" su bythom.com.
Bellissimi i tutorials su "Cambridge in Colour", in questo caso "Sharpening: unsharp mask". Le immagini a corredo del tutorial sono il meglio che si possa desiderare quanto a intuitività.
Su The Luminous Landscape si trovano vari articoli sullo sharpening: "Understanding the Digital Unsharp Mask", "Understanding Sharpness", "Local Contrast Enhancement", "Instant Photoshop", "High Pass Sharpening", "A smart sharpening tutorial".
Bruce Fraser ha scritto tre importanti articoli: "Out of Gamut: A Two-Pass Approach to Sharpening in Photoshop", "Out of Gamut: Thoughts on a Sharpening Workflow" e "Out of Gamut: (Almost) Everything You Wanted to Know about Sharpening in Photoshop but Were Afraid to Ask".
Per GIMP, già citati sopra sono i due articoli "Smart Shapening with the GIMP" e il fratellino "Smart Sharpening, Redux".
Sul sito fredmiranda.com si trova l'articolo "The Ultimate sharpening technique".
Immancabile una lettura alle "Petteri's Photo Lessons", interessantissime soprattutto per altri aspetti della fotografia come la composizione e l'utilizzo delle varie focali, ma c'è pure un capitoletto sullo sharpening ("Sharpening", c'è anche la versione PDF).
Da ShutterFreaks, "Sharpening with style" e "Un-Sharp Mask (USM)".
Molto interessante è l'articolo "True detail vs. fake sharpness" da PhotoAlpha, un sito dedicato alle fotocamere DSLR di Sony. E' un'interessante critica a chi... critica ogni volta le foto campione delle nuove fotocamere, biasimandone il rumore alle alte sensibilità ISO e soprattutto una mancanza di nitidezza. Tra l'altro, riporta due considerazioni importanti: i monitor LCD sono intrinsecamente più "nitidi" dei CRT, e che per giudicare bene servono... 10 decimi di vista. Sembra ovvio ma...
"Transparent Midtone Layer Sharpening Action" e "LBHR2 Photoshop Sharpening Actions" da "Lone Star Digital".
Dall'ottimo Photo4u.it, vi consiglio una lettura al tutorial La maschera di contrasto (di Silvsrom)", in italiano.
Da Digital Grin, un sito zeppo di interessanti forum sulla fotografia e sul fotoritocco, leggetevi "Basic Sharpening", "Selective Sharpening Tutorial", "Sharpening -- USM Theory & Practice", "Sharpening tutorial".
"Photoshop Tips - Sharpen a Photo" parla dello sharpening in LAB.
Anche Microsoft ci può dare una mano: date un'occhiata a "Understanding Sharpening".
Un buon articolo introduttivo all'USM (anche se pensato per le immagini acquisite mediante scanner) è "Scanning 101: Sharpening Your Images".
Nell'articolo "Real Digital Unsharp Masking" viene descritto come realizzare la "maschera di contrasto digitale", nel senso di emulazione di quanto si fa con le pellicole nella camera oscura. Ho provato, per curiosità, ma i risultati non sono stati eccelsi.
Leggete anche l'articolo "How To Sharpen An Image In Photoshop - Advanced Photoshop Sharpening Techniques", con un interessante disquisizione sul "color fringing" sui bordi creati dall'USM, e una possibile soluzione al problema.
Su atncentral trovate (tra le altre) varie actions per Photoshop per lo sharpening. Provatele, magari troverete qualcuna che vi piace.
Leggetevi anche "Selective Sharpening using an image mask" da DigitalDog.
Amate la matematica, e non vi addormentate senza aver risolto un'equazione del quinto grado? Eccovi una semplice trattazione sull'USM: "Unsharp Filter".